Stamattina ho un appuntamento per l’associazione Fondalicampania. Lascio l’auto “ ‘a Torre” e mi sposto con le Ferrovie dello Stato. 50 minuti di attesa prima del mio treno! Mi chiedo: <che faccio ?>. Esco dalla stazione con l’intenzione di ingannare il tempo nel negozio vicino e…NON E’ UN NEGOZIO! Credetemi, ho rischiato di perdere il treno.
Una sirena sospesa a mezz’aria, foto originali di naufragi, la “spugnara” e la “corallina”, cimeli di inizio secolo di attrezzi ed apparecchiature nautiche. Ritrovarsi nel Museo della Marineria Torrese senza preavviso è come entrare in una bolla di sapone: un mondo reale ma distorto, sei ancora nel 2015, ma respiri l’aria del 1926.
Osservando una vecchia stampa, ti sembra di sentire le voci ed i rumori dei maestri d’ascia che, nel porto di Torre del Greco ancora in costruzione, fanno manutenzione ai velieri inclinati di forza. Nell’aria l’odore della pece, il fumo, i rumori dell’antica Corderia a due passi mentre il caro Sig. Filippo, insieme agli altri volontari del Museo, raccontano con occhi lucidi ma ricchi di gioia, storie di vita vissuta in mare coi vestiti saturi di sale. Un attimo di silenzio di tutti ti accompagna poi nella sala degli orgogli: Con una spedizione di oltre due anni e mezzo su una feluca di 16 metri armata con due vele latine commissionata al maestro d’ascia Antonio Palomba di Torre del Greco, Giovanni Ajmone-Cat piantò per la prima volta il tricolore italiano in Antartide. Mai nave italiana aveva osato tanto! Mai prima d’allora, tanta fama ai nostri cantieri!
Saluto a malincuore chi mi ha fatto compagnia in questo breve viaggio nel tempo con tante altre cose da scoprire e tante da raccontare. Ma, è arrivato il treno.
“Tornerò presto. Grazie a tutti”.
…granchietto N°3.
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