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Storia del costume da bagno, dal dopoguerra a oggi

da Davide De Stefano
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– a cura di Giuseppe Volpe –

E’ meglio fare una distinzione, nel trattare la storia del costume da bagno, perché l’essere umano si è sempre bagnato in acqua e, salvo rare eccezioni, sempre con… qualcosa addosso.
Fin dalle prime civiltà, dai numerosi reperti archeologici, sono indiscusse l’importanza delle terme e la loro frequentazione.

Per cui, è opportuno limitare le nostre osservazioni, anche perché… le nostre testimonianze sono “oculari”, per fortuna o meno non sapremmo… Basti dire che il costume da bagno, noi da bambini lo chiamavamo “ ‘o custemmett’ “: esso era costituito da una sorta di ispido tessuto (che si asciugava dopo un’eternità…) , con alla sommità due anelli di metallo entro i quali agiva una cordicella bianca per fungere da stringa.

In realtà, fu a partire dai primi anni del 900, con la “novità” della villeggiatura presso località marine, che si diffuse l’uso del costume da bagno propriamente detto, soprattutto per le donne, per le quali esso divenne un “problema cardine” dell’estate.
Da notare che, all’epoca, i costumi da bagno avvolgevano tutto il corpo (come possiamo ben vedere… nel film di Totò “Un turco napoletano”, nella divertentissima scena del bagno a mare di Lisetta…) e che il tessuto usato, colorato vivacemente e a strisce, era di lana, non di cotone, per il semplice motivo che quando si bagnava non aderiva completamente al corpo.

Comunque, la grande rivoluzione arrivò nel 1946; artefici lo stilista svizzero Louis Reard e il sarto francese Jaques Heim: a Parigi, fa’ la sua comparsa il bikini (dal nome di un isolotto del Pacifico). Incredibilmente, la mutandina si riduce fino a lasciare scoperto l’ombelico! Prima di allora, il costume più diffuso era quello detto “a gonnellino”, stretto e aderente, che lasciava ancora molto spazio all’immaginazione, a parte un po’ di schiena.

Una curiosità campana: si videro nell’isola di Capri i primi “shorts”, con camicette annodate al giro spalla e pantaloni alla pescatora (e anche in questo caso, ci “sorregge” l’esempio di Totò, nel film “Il re di Capri”…). Gli shorts non erano veri e propri costumi da bagno, come è evidente, piuttosto erano “abbigliamento da mare”.

La novità forse più saliente del bikini era il tessuto “lycra” (marchio depositato dalla Du Pont) che garantiva aderenza al corpo e, soprattutto, si asciugava velocemente. Infatti, come si è già detto, uno dei problemi dell’epoca era rappresentato dal fatto che i costumi (maschili e femminili) si asciugavano con una certa difficoltà, causando a volte fastidiose irritazioni, in special modo nelle parti inguinali.

Infine, arrivò il “topless”, sulla scorta del “cambiamento dei costumi”, derivante dalla rivoluzione dei cosiddetti “figli dei fiori” del ’68, chiamata anche “emancipazione e liberazione sessuale”…

Ne vogliamo parlare? Forse, è meglio di no, per… non contraddire la parola “costume”: essa sta a significare “qualcosa che copre”. Ma se non c’è niente da coprire…

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