scomparendo, e pone l’accento sul fatto che potrebbero riprendersi se solo venissero attuati maggiori sforzi per la loro conservazione nonché modifiche alle modalità di pesca. Lo studio include la focena comune nel Mar Nero, dove ogni anno vengono uccisi migliaia di individui, la susa atlantica al largo delle coste dell’Africa occidentale, l’orcella nel Sud Est Asiatico, la pontoporia in Sud America, uno dei cetacei più piccoli al mondo (non supera i 40 Kg). La maggior parte di queste specie sono minacciate dall’uso massiccio di un unico tipo di attrezzo da pesca: le reti da posta. I delfini e le focene hanno difficoltà ad individuare questi ostacoli attraverso l’uso della vista o del loro sonar, e così restano intrappolati nelle reti oppure nel cordame fissato alla rete stessa. Il Wwf ricorda che nell’ultima Lista Rossa delle specie di piante e animali minacciate di estinzione redatta dall’Iucn tra le circa 2.000 nuove specie minacciate e’ stata inserita anche la popolazione mediterranea del delfino comune. “Un segnale allarmante e che deve far riflettere, unitamente agli ultimi sequestri di spadare avvenuti in Sicilia”. Le spadare, reti lunghe fino a 5 km e alte fino a 2,5 km, sono decisamente poco selettive e costituiscono una minaccia per i cetacei. Ugualmente pericolose sono le reti pelagiche derivanti, bandite dall’Unione europea, perché responsabili dell’uccisione ogni anno di migliaia di cetacei, in particolare delfini e stenelle, oltre ad altre specie protette come le tartarughe marine. Relativamente agli squali, l’entità del bycatch è fortemente influenzata dal tipo di tecnica impiegata per la pesca della specie target. Sotto costa, la pesca a strascicosi rende responsabile della cattura accidentale di squali e razze in quantità che si aggirano nell’intorno di diverse centinaia di migliaia di tonnellate all’anno. Esemplari di tutte le taglie, età e specie finiscono inesorabilmente impigliate nelle reti, andando incontro a morte certa. Inoltre, in passato, quando la richiesta di pinne di squalo da parte del mercato orientale non era ai livelli attuali, gli squali catturati accidentalmente, ma ancora vivi, venivano rilasciati regolarmente. Negli ultimi anni, invece, la tendenza è opposta: indipendentemente dal fatto che un esemplare venga catturato vivo o morto, viene privato delle pinne e ributtato a mare. La percentuale di squali uccisi dal bycatch è quindi salita a percentuali prossime al 100% delle catture.Il dato è reso ancora più drammatico dal fatto che, come ampiamente dimostrato da ricerche condotte in Brasile (Amorim et al., 1998) e alle Hawaii (Dunn, 1999), una percentuale variabile tra l’86 e l’88% degli esemplari presi all’amo dalle longlines vengono issati a bordo ancora vivi e potrebbero, quindi, essere rilasciati limitando così drasticamente l’entità del fenomeno.