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Il 20 marzo si è concluso a Interlaken, Svizzera, il sesto rapporto di valutazione dei cambiamenti climatici da parte dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), il principale organismo internazionale per la valutazione dei cambiamenti climatici.
Ne emerge un quadro realista, ma anche speranzoso, della situazione climatica attuale.
Uno dei primi punti di discussione, come si legge nel comunicato stampa ufficiale dell’Ipcc, a cura del Cmcc, è la necessità di diminuire le emissioni di gas serra. E’ ormai noto che i gas serra di emissione antropica, tra i quali anidride carbonica (CO2), metano (CH4) e protossido di azoto (N2O), sono responsabili del cosiddetto effetto serra: i raggi solari, una volta
raggiunta l’atmosfera terrestre, non riescono più ad uscirne e causano, a lungo andare, un significativo riscaldamento, proprio come avviene in una serra.
Siamo già arrivati ad una temperatura media superiore di 1,1°C rispetto ai livelli preindustriali, e se si vuole rientrare
nell’obiettivo di non superare 1,5°C per il 2030, le emissioni di gas serra dovranno essere dimezzate per quell’anno.
Nel rapporto, viene inoltre discusso l’ormai obbligatorio approccio multidisciplinare con il quale bisogna affrontare la tematica dei cambiamenti climatici: clima, ecosistemi e società sono, infatti, interconnesi.
“La giustizia climatica è fondamentale perché coloro che hanno contribuito meno al cambiamento climatico sono colpiti in modo sproporzionato”, ha dichiarato Aditi Mukherji, uno dei 93 autori di questo rapporto di sintesi.
Mukherji si riferisce al fenomeno per cui i Paesi più ricchi sono anche quelli che hanno più mezzi, economici e non solo, per venire intaccati di meno dagli effetti del riscaldamento globale, ma che al contempo, con le loro emissioni, vi contribuiscono maggiormente.
I Paesi più poveri del mondo, invece, non hanno da soli le risorse necessarie ad effettuare una mitigazione sistematica ed efficace dei mutamenti climatici; sono ormai all’ordine del giorno le notizie che riportano disastri e perdite umane dovuti a siccità, alluvioni, temperature anomale, e conseguente insicurezza alimentare, e teatro di questi ultimi sono molto spesso paesi svantaggiati.
La soluzione individuata a queste problematiche è uno sviluppo resiliente al clima. Le attività di mitigazione dei cambiamenti climatici, per quanto ancora benefiche e prioritarie, sono infatti una soluzione a breve termine, che deve essere messa in atto in connubio con un nuova idea di sviluppo, che rispetti l’ambiente naturale che ci circonda e che al contempo possa resistere a quelle risposte distruttive da parte del clima alle quali non possiamo più
porre rimedio.
L’Ipcc però, non dimentica che per traslare le parole in fatti c’è bisogno di investimenti economici:
“Finanziamenti insufficienti e disallineati frenano i progressi” dichiara Christopher Trisos, uno degli autori del rapporto. E’ qui che entrano in gioco investitori, banche centrali e autorità di regolamentazione finanziaria, che, riconoscendo la tematica ambientale come prioritaria, giocherebbero, ancor più che adesso, un ruolo fondamentale per la situazione
descritta.
Per quanto, dal punto di vista scientifico, i cambiamenti climatici siano un argomento ricco di insidie, poiché si stanno trasformando sotto i nostri occhi, sembra di essere giunti a una conclusione comune: è ora di darvi priorità. E’ importante, però, che questa realizzazione non rimanga scontata soltanto tra gli esperti o nelle parole dei discorsi di pochi politici. E’ un tema affamato di attenzione, e che richiede l’aiuto pratico di ogni figura che ha potere, dal cittadino
nel suo piccolo, al grande imprenditore.