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La Nave asilo per scunnizzi: la Caracciolo – A cura di Anna Cozzolino

da Davide De Stefano
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Era l’Agosto del 1913 quando, Giulia Civita Franceschi salì a bordo della nave Caracciolo rimanendoci fino al 1928, anno in cui il fascismo, nel suo intento totalitario, volle inserire l’istituzione nell’Opera Nazionale Balilla, pregiudicando in maniera definitiva la singolare peculiarità dell’esperimento.
La Caracciolo Una corvetta mista ad elica, scafo in legno con carena rivestita in rame. Tre alberi a vele quadre progettata dall’Ispettore del Genio Navale Giuseppe Micheli. Varata con il nome di “Brillante” nel gennaio 1869.

Dal 1875 al 1880 venne utilizzata per l’addestramento dei siluristi.
Nel 1881 venne destinata alla stazione del Pacifico meridionale in sostituzione dell’incrociatore Cristoforo Colombo.
Il 10 maggio 1894, modificati il piano velico e l’armamento, riprese servizio a La Spezia come Scuola Mozzi e Timonieri.
Nell’ottobre 1895 venne tolto il motore.
Nei dieci anni successivi continuò ad essere utilizzata come nave scuola veleggiando in lungo ed in largo nel Mediterraneo in crociere di addestramento.
Venne messa in disarmo l’11 dicembre 1904.
Fu poi il disegno di legge del ministro Pasquale Leonardi Cattolica ad assicurare poi alla città di Napoli la donazione della “Caracciolo” dal Ministero della Marina. Radiata nel 1907 dall’albo dei legni naviganti, la nave fu adibita ad Asilo; ci fu l’approvazione della legge e successivamente l’istituzione del Consorzio pro Nave Asilo, con la relativa approvazione dello statuto. La nave si inaugurò quasi due anni dopo nell’aprile del 1913. La vita trascorsa in quegli anni da Giulia Civita Franceschi sulla nave si fuse interamente a quella dei “caracciolini” ovvero gli scugnizzi imbarcati sulla nave Caracciolo.
In quegli anni, più di 700 scugnizzi sottratti ai pericoli della strada trovarono una casa e una famiglia a bordo dell’antico veliero. La “Caracciolo” fu per loro essenzialmente una comunità, più che una scuola di addestramento ai mestieri marittimi: un microcosmo nel quale ogni fanciullo, assecondato nelle proprie attitudine, avrebbe potuto “migliorarsi individualmente e svilupparsi in modo armonico”. Come lei stessa rese noto, il suo metodo “nato da una personale intuizione del problema dell’infanzia napoletana abbandonata, andò perfezionandosi attraverso i successi conseguiti e le valse il plauso di insigni pedagogisti.
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La Nave Asilo “Caracciolo” non fu l’unico esempio, nei porti italiani già esistevano simili benemerite istituzioni: a Genova, fin dal 1888 si utilizzò l’Officina Navale “Garaventa” per accogliere giovani che avessero scontato pene carcerarie. Lo stesso si ebbe a Venezia, dove il direttore della Nave “Scilla”, David Levi-Morenos, e la moglie Elvira istituirono il convitto galleggiante allo scopo di formare gente di mare e di pesca. In virtù di quei principi fondamentali che hanno ispirato la scuola professionale marittima voluta dai due coniugi, gli orfani dei pescatori e dei marinai dell’Adriatico ottennero un riscatto sociale e con loro molti altri che, provenienti da varie parti d’Italia, reclamavano gli stessi bisogni.
Tra le tante attività a bordo della “Caracciolo”, la sezione di pesca (1916) conseguì un notevole successo gettando le basi per la realizzazione di una vera e propria “Scuola di Pesca”. Anche il Comune di Napoli prese parte a questa creazione con lo stanziamento di un contributo annuo che avrebbe garantito l’inserimento di cinquanta nuovi orfani.
Il 13 aprile 1921 maturate le esperienze di pesca, si costituì la SPEM (Scuola Pescatori e Marinaretti), alla quale due anni dopo lo Stato concesse la gestione dei Laghi Fusaro e Mare Morto, tra Bacoli e Capo Miseno.
Giulia Civita Franceschi, al contempo direttrice del nuovo Ente morale, pensò spesso alla realizzazione sul lago Fusaro di una casa per i piccoli pescatori, assieme ad un’opera per le scugnizze, alle quali estendere le pratiche collegate alla pesca. Convinta che nessuno si preoccupasse della sorte delle bambine abbandonate per le vie della città, nonché “esposte a tutte le forme orribili di criminalità per sé e più ancora per i figli che verranno da lei”.
Sempre nel 1921, la sua opera fu oggetto di studio da parte di una commissione giunta dal Giappone che, insieme al Ministro dell’Istruzione e a professori universitari, salì a bordo della nave per conoscere il sistema educativo adottato. Un anno dopo il Ministero della Pubblica Istruzione le conferì la prima medaglia d’oro al merito.

 

Nel 1928 fu rimossa del tutto dall’incarico e la nave inquadrata nell’Opera Nazionale Balilla.
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