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Il vecchio e il mare, ma anche il pescespada! Di Prof.Peppe Volpe

da Davide De Stefano
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“Era un vecchio che pescava da solo nella Corrente del Golfo ed erano ottantaquattro giorni ormai che non prendeva un pesce.” E’ l’incipit di un bellissimo racconto di Hernest Hemingway, “Il vecchio e il mare”, nel quale però, oltre al vecchio e al mare, giganteggia un altro personaggio ingiustamente non citato nel titolo: il pesce spada…(Clicca “Mi Piace” e continua a leggere)

    La vicenda è nota, non a caso all’autore venne attribuito il Nobel per la letteratura. Un vecchio si trova alle prese con un grosso pesce, al largo. E’ solo, nel combattere con gli elementi della natura, con la sua esperienza, la sua volontà e le ormai ridotte energie. Riuscirà alla fine ad avere ragione della forza della natura grazie alla sua intelligenza, la sola cosa che possa consentire all’uomo una sorta di controllo (non di dominio) sulla vita.
Anche se poi gli squali, nel tragitto di ritorno, gli divoreranno per intero il pesce spada, il vecchio non si sentirà deluso, perché si è dimostrato forte e nobile come la maestosità della natura.
Ma seguiamone la trama, poiché è nel fondo del mare, nel fondale marino, ch’essa trova la sua vera ragion d’essere:

“Avevo scelto di restare nell’acqua profonda e scura al largo, fuori di tutte le trappole e le reti e gli inganni. La scelta mia era stata quella di andar laggiù a scoprirlo al di là di tutta la gente.  Al di là  di tutta la gente  del mondo. Ora siamo legati l’uno all’altro e lo siamo da mezzogiorno. E nessuno dei due ha qualcuno ad aiutarlo.”

E’ nel fondale marino che si sprigiona tutta la forza dell’enorme pesce spada; così che il vecchio deve giocare d’astuzia con l’ignoto, un po’ come l’antica storia dell’uomo alla ricerca della risoluzione dei problemi:

“ Facciamogli credere che sono più uomo di quanto non lo sia e così lo diventerò. Vorrei essere il pesce, pensò, con tutto quello che ha da contrapporre alla mia volontà e alla mia intelligenza che sono l’unica cosa che ho.
Lo sforzo che il vecchio impegna nella lotta è tremendo, però non deve smettere di pensare. E’ solo pensando che l’uomo riesce nell’intento di fronteggiare la natura, di esserne compagno consapevole e degno:
“Le mille volte che già lo aveva dimostrato non avevano importanza. Ora lo stava dimostrando di nuovo.  Ogni volta era una volta nuova ,  e non pensava mai al passato, quando lo faceva.”
“A quanta gente farà da cibo, pensò. Ma sono degni di mangiarlo?  No, no di certo. Non c’è nessuno degno di mangiarlo, con questo suo nobile contegno e questa sua grande dignità.”

Quando tutto si è concluso e il vecchio finalmente è andato a riposare, arrivano al ristorante della spiaggia dei turisti. E qui si vede tutta l’imbecillità degli esseri umani quando “si fermano in superficie”, quando non vanno “al fondo dei problemi”, quando cioè non sanno o non sono informati:

 “Quel pomeriggio arrivò una comitiva di turisti alla Terrazza… Una donna
< Che cos’è? > chiese al cameriere.  < Tiburau >   disse il cameriere.
< Pescecane >  . Voleva spiegare cos’era successo.  < Non sapevo che i
pescecani avessero la coda così bella, così ben fatta. >
< Neanch’io >, rispose il compagno.”

Di Prof.Peppe Volpe

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