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Il pesce dell’apocalisse e il presagio di calamità naturali

da Maria Nicoletti
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Il pesce remo, noto anche come Regalecus Glesne, è un pesce appartenente alla famiglia Regalecidae ed è famoso per la sua forma allungata e la sua rara comparsa nelle acque oceaniche. Viene talvolta chiamato anche “pesce dell’apocalisse” a causa delle sue caratteristiche particolari e della leggenda che si è sviluppata intorno ad esso; secondo alcune leggende giapponesi, è considerato un presagio di calamità naturali. La sua apparizione in superficie infatti, potrebbe essere un segno di disfunzioni dell’ecosistema marino, inclusi possibili effetti legati all’inquinamento ambientale.

Caratteristiche strutturali e funzionali

Il pesce remo o “re di aringhe”, è il pesce osseo marino più lungo al mondo. Può arrivare fino a 11 metri di lunghezza e pesare 200 chili e ha  un colore argentato grazie al quale può riflettere la luce. È estremamente raro da osservare in superficie perchè vive a delle profondità comprese tra i 200 e i 1.000 metri. Il suo corpo serpentino allungato, è estremamente flessibile consentendo così al pesce di muoversi con grande agilità. Una delle caratteristiche distintive del pesce remo è la sua lunga pinna dorsale che percorre gran parte della sua schiena. Un elemento cruciale per il suo movimento. La pinna caudale, o coda, è stretta e simile a un filo. Ha una struttura scheletrica leggera ma robusta, adatta per resistere alla pressione delle profondità oceaniche in cui vive.

Le caratteristiche funzionali riguardano il movimento, l’adattamento alle profondità e presenza di organi sensoriali.

  • Movimento e locomozione: il pesce remo è un nuotatore elegante e veloce, le sue caratteristiche morfologiche gli consentono di muoversi lungo la colonna d’acqua con movimenti ondulatori, simili a quelli di un serpente. La pinna caudale serve per stabilizzare il pesce durante il nuoto.
  • Adattamento alle profondità oceaniche: legato principalmente alle caratteristiche strutturali del suo scheletro che lo rendono perfettamente adattato a permanere nel suo habitat;
  • Sensori e percezione: essendo un pesce che vive in ambienti bui, potrebbe possedere una percezione sensoriale avanzata; è possibile che utilizzi il senso dell’orientamento tramite linee laterali (un sistema di sensori lungo il corpo) per rilevare vibrazioni e spostamenti in acqua.

Areale di distribuzione

Ha un’areale di distribuzione che copre una vasta parte degli oceani del mondo e  predilige le acque profonde, lontane dalle zone costiere. È un pesce pelagico, cioè vive in mare aperto, e si trova principalmente nelle acque temperate e tropicali. È distribuito in tutti gli oceani principali, ma è più comunemente avvistato nelle acque profonde dell’Oceano Atlantico, Oceano Pacifico, e Oceano Indiano. Anche se il pesce remo vive principalmente nelle acque profonde, occasionalmente può risalire verso la superficie, dove sono stati registrati alcuni avvistamenti, spesso in condizioni di mare mosso o durante particolari eventi atmosferici. Un recente avvistamento, risale proprio al 19 Febbraio 2025 sulle spiagge della Baja California, in Messico, suscitando curiosità e speculazioni. Tuttavia, i precedenti avvistamenti in antichità, potrebbero aver portato a ricamarci sopra delle leggende.

Ryugu No Tsukai e Credenze Giapponesi

Il pesce remo in Giappone, è conosciuto come Ryugu No Tsukai, che tradotto significa, il Messaggero del Palazzo del Drago Marino. I Ryugu No Tsukai sono descritti come degli enormi pesci con una testa umana, con corna e talvolta anche capelli lunghi e barba, e si dice che possano arrivare fino ai 18 metri di lunghezza e che alcuni emanino una luce molto visibile da lontano. Secondo la leggenda, questi esseri sono dei messaggeri e dei servitori di Ryujin, che sarebbe il Dio del Mare, inviati per avvertire tutta l’umanità di imminenti calamità naturali come ad esempio gli tsunami e i terremoti.  Da quando nel 2011 un esemplare venne avvistato a riva, poco dopo del terremoto magnitudo 9.1 (il quarto più potente mai registrato al mondo), susseguito poi dal terribile tsunami che ha investito Fukushima nello stesso anno, questa credenza è stata alimentata.

Distribuzione superficiale e costiera

Ma perché possiamo ritrovarcelo anche in superficie? Sebbene ci siano molte leggende e credenze culturali legate a questa tematica, i veri motivi per cui il pesce remo occasionalmente risale in superficie sono altri. Il pesce remo può risalire in superficie a causa di comportamenti legati alla sua fisiologia o alle sue necessità ecologiche. Quando si avvicina alla zona costiera, può essere un segno di stress, malattia o disorientamento, oppure può essere legato a una ricerca di condizioni più favorevoli. In alcuni casi, i pesci remo possono salire verso la superficie per nutrirsi di organismi presenti in acque superficiali o per seguire correnti marine particolari. Alcuni scienziati suggeriscono che il pesce remo possa risalire anche quando è in fase di riproduzione, poiché le acque più superficiali sono più ricche di nutrienti.

Indicatori biologici e salvaguardia degli ecosistemi

Gli avvistamenti di creature abissali come il pesce remo, o il “diavolo nero” risalito a Tenerife, in Spagna, non ci fanno escludere che questi organismi vivendo negli abissi, possano darci delle informazioni sull’impatto del cambiamento climatico dei nostri mari. Gli avvistamenti come il pesce remo quindi, possono raccontare molto non solo sulla singola specie, ma sull’intero ecosistema. Non ci sono delle prove che loro siano in grado di percepire il movimento delle placche tettoniche prima di un sisma. Ma visto che noi sappiamo ancora molto poco su questa specie, ogni avvistamento è cruciale per studiare proprio la loro biologia e le loro abitudini. Per questo motivo dovremmo salvaguardare gli interi ecosistemi per mantenere stabile l’equilibrio naturale del nostro pianeta Terra. Le creature che abitano questi ambienti naturali sono adattate a vivere in determinate condizioni, e l’interruzione del loro habitat, sia per cause naturali che antropiche, può minacciare la loro sopravvivenza. Mantenere stabile questo equilibrio non è solo una questione etica, ma anche una necessità per la nostra sopravvivenza futura.

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