Recentemente è stato pubblicato su Nature/ScientificReports un rapporto su alcuni studi effettuati dall’ Istituto di scienze marine del Consiglio nazionale delle ricerche di Lerici (Ismar-Cnr), incollaborazione con le Università di Ancona, del Salento e Algalita Foundation (California).
Per la prima volta sono stati individuati i polimeri che costituiscono la microplastica galleggiante in mare e la loro distribuzione. Si tratta soprattutto di polietilene e polipropilene, ma anche di frammenti più pesanti come poliammidi e vernici, oltre a policaprolactone, un polimero considerato biodegradabile. Queste informazioni sono importanti per avere una stima precisa della dimensione del problema generato dai rifiuti di microplastica in mare e per attivare opportuni programmi di riduzione della presenza di questi inquinanti. Questo dipende dalle diverse sorgenti di rifiuti, che possono essere le aree densamente abitate lungo la costa, i fiumi e i processi di trasporto marino tipici di un bacino
Nel tratto di mare tra la Toscana e la Corsica è stata rilevata la presenza di circa 10 kg di microplastiche per km quadrato, contro i circa 2 kg presenti a largo delle coste occidentali della Sardegna e della Sicilia e lungo il tratto nord della costa pugliese. Ogni anno nel mondo vengono prodotti circa 300 milioni di tonnellate di plastica e si pensa che fino a 12 milioni di tonnellate finiscano in mare. La microplastica è costituita da quei frammenti di plastica più piccoli di 2 millimetri che, per quanto non visibili ad occhio nudo, sono stati trovati a galleggiare pressoché ovunque nel Mediterraneo, con concentrazioni tra le più alte al mondo. Ad esempio, nel vortice subtropicale del Pacifico settentrionale nel 1999 sono stati stimati circa 335.000 frammenti di plastica per km2, mentre nel Mediterraneo si parla di una media di circa 1.25 milioni.