Home Scienze Eutrofizzazione: Cosa possiamo imparare dalla Baia di San Antonio per proteggere il Golfo di Napoli

Eutrofizzazione: Cosa possiamo imparare dalla Baia di San Antonio per proteggere il Golfo di Napoli

da Davide De Stefano
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Il mare è un ecosistema vivo e complesso, capace di autoregolarsi grazie all’interazione tra le sue componenti naturali. Tuttavia, quando l’uomo introduce troppi nutrienti nell’acqua, attraverso scarichi urbani o agricoli, si verificano squilibri che possono danneggiare l’ambiente marino. Uno di questi è l’eutrofizzazione, un fenomeno che porta alla crescita eccessiva di alghe, riducendo l’ossigeno nell’acqua e mettendo in difficoltà pesci e altri organismi.

Questo problema interessa diverse aree costiere del mondo, incluso il Golfo di Napoli, una delle zone marine più ricche di biodiversità ma anche tra le più esposte all’impatto umano.

A tal proposito Fondalicampania Aps, ha dato il via progetto Kayak Watch, che prevede il censimento del plancton lungo la superficie del mare, allo scopo di comprendere lo stato di salute della acque e l’evolversi  dell’eutrofizzazione.

Tuttavia, uno studio condotto nella Baia di San Antonio, in Patagonia, ha rivelato come in alcune condizioni la natura riesca a contrastare questi effetti negativi. Conoscere questo caso può aiutarci a capire meglio cosa sta accadendo nei nostri mari e come possiamo proteggerli.

Eutrofizzazione: un rischio per il Golfo di Napoli?

Nel Golfo di Napoli convivono una grande biodiversità e una forte pressione antropica. Le città costiere, il porto di Napoli, le attività industriali e turistiche riversano in mare grandi quantità di nutrienti, soprattutto azoto e fosforo. Questi elementi favoriscono la crescita eccessiva delle alghe, causando:

Fioriture algaliche alterano l’equilibrio naturale dell’ecosistema.

Mancanza di ossigenonelle acque più profonde, soffocando la fauna marina.

Fenomeni di acque colorate(come quelle osservate nella Baia di Pozzuoli) causati dalla decomposizione della biomassa algale.

Questi effetti sono simili a quelli osservati nella Baia di San Antonio. Tuttavia, in Patagonia l’ecosistema sembra riuscire a mantenere un equilibrio naturale.

Il caso della Baia di San Antonio: quando la natura si autoregola

Nonostante riceva un forte carico di nutrienti dagli insediamenti umani, la Baia di San Antonio non soffre gli effetti peggiori dell’eutrofizzazione. Questo è possibile grazie a due fattori chiave:

1. Il ricambio d’acqua dovuto alle maree

• La baia ha un’escursione di marea molto alta, fino a 9 metri, che garantisce un costante rinnovo dell’acqua e impedisce il ristagno dei nutrienti.

2. Il ruolo degli erbivori marini

• Crostacei, molluschi e altri piccoli erbivori si nutrono delle alghe in crescita, riducendo il rischio che si accumulino in modo eccessivo.

Questi due elementi impediscono che l’ambiente si degradi, dimostrando che la natura ha i suoi meccanismi per mantenere l’equilibrio.

Possiamo applicare questo modello al Golfo di Napoli?

Il Golfo di Napoli ha caratteristiche molto diverse dalla Baia di San Antonio, ma possiamo comunque trarre alcune lezioni utili:

1. Favorire il ricambio d’acqua

• A differenza della Patagonia, il Golfo di Napoli non ha grandi maree, quindi il ricambio d’acqua dipende dalle correnti marine e dalle condizioni meteorologiche.

• Tuttavia, zone chiuse come il Porto di Napoli o la Baia di Pozzuoli possono accumulare più facilmente i nutrienti. È importante monitorare questi ambienti e favorire il ricambio d’acqua con strategie adeguate.

2. Proteggere gli erbivori marini

• Nel Golfo di Napoli vivono molti organismi che si nutrono di alghe, come ricci di mare, lumache di mare e pesci erbivori.

• La pesca eccessiva di queste specie può alterare l’equilibrio naturale, favorendo la crescita incontrollata delle alghe. Proteggerli significa aiutare il mare a mantenersi sano.

3. Limitare l’inquinamento da nutrienti

• Ridurre gli scarichi di azoto e fosforo è essenziale per evitare il deterioramento dell’ecosistema marino. Questo può essere fatto migliorando la gestione degli scarichi fognari e riducendo l’uso di fertilizzanti nelle aree agricole vicine alla costa.

Conclusione

L’eutrofizzazione è una minaccia per molti ecosistemi marini, incluso il Golfo di Napoli. Tuttavia, il caso della Baia di San Antonio ci insegna che la natura ha la capacità di autoregolarsi se le diamo il tempo e lo spazio per farlo. Proteggere il mare non significa solo ridurre l’inquinamento, ma anche garantire che gli equilibri naturali, come il ruolo degli erbivori e il ricambio d’acqua, possano funzionare senza interferenze.

Solo attraverso una gestione sostenibile potremo continuare a godere della bellezza e delle risorse del Golfo di Napoli senza comprometterne il futuro.

Leggi Anche: Progetto Kayak Watch, monitoraggio plancton nel Golfo di Napoli 

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