Negli ultimi decenni, il mondo ha assistito a una crescita economica senza precedenti, alimentata da un sistema che incentiva il consumo e lo sfruttamento delle risorse naturali. Tuttavia, ci troviamo oggi di fronte a una crisi ambientale senza precedenti, in cui il nostro modello di sviluppo si scontra con i limiti fisici del pianeta. Il concetto di ecocidio, ovvero la distruzione intenzionale degli ecosistemi, emerge come una risposta necessaria per attribuire responsabilità precise a governi e aziende che continuano a degradare l’ambiente senza conseguenze legali adeguate.
Un pianeta sovrasfruttato
Il nostro stile di vita consuma le risorse naturali a un ritmo insostenibile. Se tutti gli abitanti del pianeta vivessero come la popolazione statunitense, avremmo bisogno di cinque Terre per soddisfare la domanda di beni e servizi. Questa corsa al consumo ha generato un debito ecologico che si accumula anno dopo anno: nel 2023, il cosiddetto Earth Overshoot Day—il giorno in cui abbiamo esaurito le risorse che il pianeta può rigenerare in un anno—è caduto il 2 agosto. Da quel momento fino alla fine dell’anno, abbiamo vissuto a credito, sfruttando più di quanto la Terra sia in grado di ripristinare.
A questo si aggiunge la nostra difficoltà nel riconoscere i processi lenti, come il cambiamento climatico. Siamo in grado di reagire rapidamente a eventi improvvisi, ma fatichiamo a comprendere l’impatto di fenomeni graduali, il che ci porta a ritardare le azioni necessarie per invertire la rotta.
Il capitalismo e il mito della crescita infinita
Il capitalismo ha garantito benessere a molte persone, ma si basa su un presupposto insostenibile: la crescita perpetua. Questo modello è in contraddizione con i limiti del nostro pianeta, che è una risorsa finita. Continuare a inseguire un’espansione economica senza fine significa ignorare le leggi della fisica e condannarci a un futuro di crisi sempre più gravi.
Inoltre, il nostro sistema incentiva il consumismo come status sociale, facendo credere che non esistano alternative valide. Viviamo nella “società dei consumi” come se fosse l’unico modello possibile, ma è ormai evidente che dobbiamo cambiare rotta.
L’ecocidio come reato internazionale
Per contrastare questa distruzione ambientale sistematica, l’Unione Europea ha iniziato a muoversi verso una legislazione più severa in materia ambientale, riconoscendo che i reati ecologici devono essere sanzionati con maggiore rigore. Tuttavia, oggi manca ancora un vero e proprio riconoscimento dell’ecocidio come crimine internazionale, il che permette alle grandi industrie e ai governi di evitare responsabilità dirette.
Nel frattempo, l’attivismo sta giocando un ruolo fondamentale nel portare questi temi all’attenzione pubblica. In Italia, la campagna “Giudizio Universale” ha intentato una causa contro lo Stato per la sua inazione climatica, mentre in Svizzera la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha recentemente emesso una sentenza storica che riconosce il diritto dei cittadini a essere protetti dagli effetti del cambiamento climatico.
Ripensare i nostri valori
Se vogliamo evitare il collasso ecologico, dobbiamo ridefinire i nostri valori etici e sociali. È necessario riconoscere che l’uomo è parte della natura e non un’entità superiore ad essa. Inoltre, dobbiamo attribuire un valore indipendente agli ecosistemi, considerando il diritto alla salute ambientale come un principio fondamentale.
La soluzione non può essere rimandata: serve una trasformazione culturale e politica che ci spinga a ripensare il nostro rapporto con il pianeta. È il momento di abbandonare l’illusione della crescita infinita e adottare un modello di sviluppo che sia in equilibrio con la natura. La battaglia per il riconoscimento dell’ecocidio è solo l’inizio di un nuovo percorso, necessario per garantire un futuro sostenibile alle prossime generazioni.

Davide De Stefano è attivista presso l’associazione Fondalicampania Aps, occupa il ruolo di Presidente. Fondalicampania fu fondata nel 2014 e si occupa di promozione e tutela dell’ambiente marino e costiero.