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I “beni comuni”, cioè, sono quei beni che non sono proprietà di
nessuno e a nessuno devono essere preclusi, in quanto presupposti indispensabili della vita e della società umana. Ora, però, si pone un problema. A chi spetta amministrare queste risorse, le quali per essere di tutti e di nessuno rischiano l’abbandono? Lo Stato, ad esempio, ha risolto l’utilizzo del demanio marittimo delle spiagge con le concessioni, di recente autorizzate per 90 anni! Avete letto bene. Per altro, utilizzando una forma ambigua per cui si può accedere alla battigia senza pagamento fino a 5 m dalla riva “anche” per la balneazione. Sarebbe a dire che io, cittadino italiano, per 90 anni, se voglio andare a fare il bagno al lido tal dei tali posso andarci, ma senza portare asciugamani, perché posso “anche balnearmi”, però senza intralciare gli altri bagnanti, quelli paganti. Questi sì che possono avere sdraio ed ombrelloni.
Al riguardo, è interessante la Delibera di Giunta n. 820 del 21 luglio del2011 del Comune di Napoli, nella quale vengono indicati i “beni comuni” come: “… quei beni funzionali all’effettiva tutela dei diritti fondamentali, come beni di appartenenza collettiva e sociali…”.
Quanto a volte siano in contrasto le leggi che regolano la nostra vita e i diritti fondamentali dei cittadini, è per lo meno imbarazzante.
E pensare che all’art. 7, la suddetta Ordinanza recita:
1.“L’attività di immersione subacquea è stata disciplinata dall’Ordinanza n. 39/2009 in data 16-05-2009 recante il regolamento per la disciplina delle attività subacquee a scopo sportivo, ricreativo, didattico o a fini scientifici, emessa da questo Circondario Marittimo, le cui norme si intendono qui espressamente richiamate.”
Cos’altro aggiungere? Speriamo che tutto si aggiusti con un altro dei“beni comuni” di cui abbondiamo in Italia: il buon senso.
Di Prof Peppe Volpe
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