Due 17enni di Woodlands, in Texas, hanno inventato una penna capace di filtrare l’acqua e rimuovere dall’84 al 96% di microplastiche. L’invenzione, che utilizza la tecnologia degli ultrasuoni, è stata pluripremiata alla Regeneron International Science and Engineering Fair (ISEF) di Los Angeles.
Come è nata l’invenzione e come funziona
Victoria Ou e Justin Huang sono due studenti del Texas che in visita con il college ad un impianto di trattamento delle acque di Woodlands, si sono resi conto dell’assenza di un adeguato strumento di filtraggio delle microplastiche. Secondo gli addetti dell’impianto, infatti, i metodi di rimozione solitamente utilizzati, in realtà rischiano di aggravare ulteriormente la situazione.
Per esempio, l’utilizzo di coagulanti chimici come l’idrossido di alluminio, che quando aggiunti all’acqua fanno aggregare le microplastiche in frammenti più grandi e facili da filtrare, può causare inquinamento ambientale e modificare il pH dell’acqua depurata. Inoltre, oltre a essere pericolosi, i coagulanti chimici sono anche molto costosi. Altri tipi di filtri disponibili sul mercato tendono a ostruirsi facilmente. Mentre le soluzioni biologiche, come l’impiego di enzimi per degradare le plastiche, non sono abbastanza efficienti per risolvere il problema su larga scala.
I due giovani, dunque, hanno pensato di ideare loro stessi una soluzione non invasiva ma efficiente ed economicamente conveniente. Nasce così la loro piccola invenzione, grande quanto una penna, ma enormemente utile. Il dispositivo è formato da un tubicino con due stazioni di trasduttori che utilizzano ultrasuoni come filtro a due stadi. Le onde ultrasoniche generano pressione che respinge le microplastiche, permettendo all’acqua pulita di fluire. Testato su poliuretano, polistirene e polietilene, il dispositivo rimuove tra l’84% e il 94% delle microplastiche in un solo passaggio. Questa tecnologia a ultrasuoni, dunque, può essere estesa per eliminare altri inquinanti particellari.
L’importanza di invenzioni simili
Ad oggi si stima che negli oceani di tutto il mondo ci siano 75 trilioni di microplastiche. Ogni anno se ne aggiungono circa 1,5 milioni di tonnellate a causa dell’enorme quantità di rifiuti plastici; di quest’ultimi tra i 6 e 15 milioni finiscono nell’ambiente. Cifre grandissime che si tramutano in pericoli per la fauna selvatica e per gli esseri umani. Le microplastiche, infatti, sono state ritrovate in una vasta gamma di cibi e bevande. Ognuno di noi inala e ingerisce ogni settimana l’equivalente di una carta di credito.
Invenzioni come quella di Victoria Ou e Justin Huang sono uno spiraglio di speranza per il futuro del pianeta ed inevitabilmente per il nostro. La loro tecnologia potrebbe essere impiegata negli impianti di trattamento delle acque reflue, negli impianti tessili industriali, nei sistemi di trattamento delle acque nere e nelle fonti d’acqua rurali. Su scala più piccola, potrebbe filtrare le microplastiche nelle lavatrici e negli acquari. Tuttavia, c’è ancora molto lavoro da fare. Gli stessi sviluppatori sottolineano: “Il nostro approccio è piuttosto nuovo al momento abbiamo trovato solo uno studio che cercava di utilizzare gli ultrasuoni per prevedere il flusso di particelle nell’acqua”.