A cura di Emanuela Di Lecce
Della serie: si può sempre imparare dagli animali, anche da quelli apparentemente non molto simili a noi! E parliamo in particolar modo di uno dei vertebrati inferiori più largamente utilizzato come organismo modello, soprattutto negli studi genetici e genomici: il pesce zebra o Danio rerio.
Esso è un pesce tropicale d’acqua dolce, molto utilizzato nei laboratori per sostituire o integrare informazioni ricavate da modelli di vertebrati superiori, quali i ratti. Ma come mai questo pesciolino è un perfetto modello per studiare cosa avviene nel corpo umano?
- È un vertebrato ed in quanto tale, condivide gli stessi organi e tessuti di noi umani. I loro occhi, muscoli e reni hanno caratteristiche comuni a quelle dell’uomo
- Il suo genoma è stato completamente sequenziato e consta di 1700 Mbp
- Il pesce zebra condivide il 70% dei suoi geni con noi!
- Si riproduce molto rapidamente, passando dall’uovo fecondato allo stadio larvale in meno di 3 giorni
- Produce da 100 a 200 embrioni a settimana, consentendo agli scienziati di avere molto materiale a disposizione!
- Gli embrioni del pesce zebra sono trasparenti, permettendo ai ricercatori di studiare facilmente lo sviluppo delle strutture interne.
Tale piccolo teleosteo ha permesso agli scienziati dello studio che sto per raccontarvi di capire quali siano le cellule coinvolte nel già noto processo di rigenerazione del cuore di Danio rerio dopo un infarto. Sappiamo che nell’uomo, dopo un infarto non curato abbastanza rapidamente, le cellule muscolari cardiache, chiamate cardiomiociti, non sono in grado di ripararsi, sono danneggiate dalla mancanza di ossigeno e dunque iniziano a morire, riducendo la capacità del soggetto di pompare sangue.
Il pesce zebra, al contrario, è capace di rigenerare cellule anche molto complesse, come quelle del tessuto cardiaco. Studi precedenti hanno infatti dimostrato che, in seguito a “cryoinjury”, una tecnica che mimica gli effetti dell’infarto miocardico, il cuore di Danio rerio va incontro ad un periodo transiente di fibrosi, durante il quale esso si ricostruisce tramite dedifferenziazione e proliferazione dei cardiomiociti. Differenti tipi cellulari sono coinvolti nella rigenerazione, tra cui cellule immunitarie e fibroblasti. L’obiettivo dello studio svolto dal team del Berlin Institute for Medical Systems Biology (BIMSB) è stato quello di identificare gli stati cellulari che favoriscono la rigenerazione e la loro origine cellulare.
I ricercatori hanno utilizzato una tecnica individuale di analisi dell’RNA (single-cell RNA sequencing) per identificare le cellule cardiache così come gli alberi della linea cellulare per tracciare il processo di rigenerazione dei cardiomiociti.
L’analisi dell’RNA di circa 200.000 cellule sane e danneggiate ha permesso prima di tutto di identificare le cellule cardiache più abbondanti in seguito al danno che, come supposto dai ricercatori, risultavano essere fibroblasti e cellule immunitarie. Inoltre l’analisi trascrittomica ha consentito di capire che nel processo rigenerativo sono coinvolti non solo i cardiomiociti adulti, caratterizzati da geni codificanti per la sintesi dell’ATP e del ciclo dell’acido tricarbossilico, ma anche un piccolo gruppo contenente geni coinvolti nello sviluppo dei cardiomiociti, così come il gene nppa, che è stato riconosciuto precedentemente come marker di cardiomiociti dedifferenziati.
Inoltre il team ha notato l’elevata presenza nei fibroblasti di noti fattori coinvolti nella rigenerazione del cuore, spingendoli ad investigare ulteriormente sulla diversità dei fibroblasti cardiaci. Quindi, sono stati individuati tre gruppi di fibroblasti, caratterizzati dall’espressione dei geni col11a1a, col12a1a and nppc, che erano presenti temporaneamente durante il picco di rigenerazione, ma assenti prima del danno e dopo la rigenerazione stessa. Per capire quale fosse la cascata di eventi che porta alla ricostruzione del cuore, i ricercatori del BIMSB hanno anche determinato quale sia l’origine di tali stati cellulari: i fibroblasti col11a1a e col12a1a sono generati nell’epicardio a partire da fibroblasti costitutivi in seguito al danno; i fibroblasti nppc derivano invece dall’endocardio.
Conclusioni dello studio
Quindi possiamo concludere che questo studio ha permesso di capire i processi e gli stati cellulari coinvolti nel processo di riparazione del danno al cuore del pesce zebra, dimostrando che questo è dovuto principalmente all’attivazione transiente dei fibroblasti sopracitati, attivando geni coinvolti nella costruzione muscolare quali il collagene 12. È molto probabile che i fibroblasti siano i principali responsabili del recupero in quanto, quando i ricercatori li hanno “spenti” nel pesce zebra, hanno visto che il processo di rigenerazione veniva interrotto.
Dato che i processi che portano alla rigenerazione sono conservati nei vertebrati, tale ricerca è da ritenersi come punto di partenza per capire i motivi della limitata capacità rigenerativa del cuore umano, quali la mancanza dei segnali o della capacità di leggere questi ultimi, potendo portare alla generazione di tecniche terapeutiche innovative.
a cura di Emanuela Di Lecce
Link di riferimento per l’articolo:
https://www.nature.com/articles/s41588-022-01129-5