La COP29, conclusasi a Baku, Azerbaigian, è stata una delle più controverse degli ultimi anni. Nonostante alcuni risultati rilevanti, come l’accordo su un finanziamento climatico senza precedenti, il summit è stato segnato da tensioni politiche. Ma soprattuto, da scandali e critiche alla gestione del dibattito pubblico. Anche questa edizione, dunque, ha visto protagonista una Conferenza ricca di proposte che ci lascia con enigmi e soluzioni a metà.
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Il divieto di manifestare
Uno degli aspetti più discussi della COP29 è stato il divieto di protestare imposto dalle autorità locali. Questa decisione, giustificata per motivi di sicurezza, ha sollevato critiche da parte di ONG e attivisti che hanno visto in essa un tentativo di limitare la libertà di espressione. Nonostante il divieto, gli attivisti non si sono arresi e hanno optato per forme di protesta silenziosa: gruppi di manifestanti si sono radunati nelle vicinanze del centro congressi, “mormorando” frasi che inneggiavano alla giustizia climatica. Questo metodo pacifico, ma potente, ha catturato l’attenzione dei media internazionali e ha sottolineato la determinazione della società civile nel richiamare i leader alle loro responsabilità.
Lo scandalo del delegato saudita
Un episodio che ha alimentato le polemiche è stato lo scandalo legato a un delegato dell’Arabia Saudita, accusato di aver modificato illecitamente un documento ufficiale del summit. Solitamente i testi inerenti alla Conferenza sono PDF non editabili, distribuiti contemporaneamente a tutti i paesi. Per un errore tecnico, però, alla delegazione Saudita è arrivata una versione editabile. Le modifiche avrebbero riguardato alcune clausole relative agli impegni di decarbonizzazione e al ruolo dei combustibili fossili, con l’obiettivo di alleggerire le responsabilità dei principali paesi produttori di petrolio. L’accaduto, emerso grazie a un whistleblower interno, ha portato a un’indagine ufficiale e ha messo in dubbio l’integrità dei processi negoziali della COP. Organizzazioni come Greenpeace hanno definito l’episodio “un colpo alla trasparenza” e hanno chiesto maggiore supervisione indipendente per evitare futuri abusi.
La promessa dei 300 miliardi di dollari all’anno
Uno dei risultati più significativi della COP29 è stato l’accordo dei paesi sviluppati di mobilitare 300 miliardi di dollari all’anno entro il 2035. Tutto ciò per sostenere la transizione energetica e l’adattamento ai cambiamenti climatici nei paesi meno sviluppati. Questo impegno rappresenta un aumento rispetto ai precedenti 100 miliardi di dollari annui, ma non è stato accolto senza critiche.
I paesi meno sviluppati, che si trovano in prima linea nell’affrontare gli effetti del cambiamento climatico, hanno espresso timori sul fatto che gran parte di questi fondi potrebbe essere fornita sotto forma di prestiti piuttosto che sovvenzioni. Questo meccanismo rischierebbe di aggravare il debito pubblico di nazioni già vulnerabili, riducendo l’efficacia dell’aiuto. Inoltre, alcune ONG hanno denunciato l’assenza di garanzie sulla trasparenza e sull’effettivo utilizzo di questi fondi.
I nuovi obiettivi climatici
Nonostante le tensioni, la COP29 ha visto l’annuncio di nuovi obiettivi climatici da parte di alcuni dei principali attori globali. Il Regno Unito ha riaffermato il suo impegno per la neutralità climatica entro il 2050, promettendo un’accelerazione nell’uso delle rinnovabili e nuovi investimenti in tecnologie innovative come l’idrogeno verde e la cattura del carbonio. Il Brasile, con il governo di Luiz Inácio Lula da Silva, ha presentato un piano ambizioso per fermare la deforestazione dell’Amazzonia entro il 2030, considerandola una priorità nazionale e globale, con incentivi per l’agricoltura sostenibile e il rafforzamento delle energie rinnovabili.
Gli Emirati Arabi Uniti, pur essendo un grande produttore di petrolio, hanno annunciato iniziative per diversificare le proprie fonti energetiche attraverso investimenti in progetti solari e nucleari. Ribadendo la volontà di bilanciare crescita economica e sostenibilità. Il Canada ha dichiarato di voler ridurre l’uso del carbone a zero entro il 2035, introducendo incentivi per le auto elettriche e l’efficienza energetica, con l’obiettivo intermedio di tagliare le emissioni del 40-45% rispetto ai livelli del 2005 entro il 2030. L’Unione Europea, infine, ha confermato la sua ambizione di ridurre le emissioni del 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990, prevedendo di rafforzare le politiche agricole e industriali sostenibili.
I risultati controversi della COP29
La 29ª Conferenza delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici si è chiusa con risultati che, se da un lato rappresentano progressi significativi, dall’altro lasciano molti interrogativi aperti. Il divieto di protestare, lo scandalo saudita e le preoccupazioni sui finanziamenti dimostrano che la lotta al cambiamento climatico è non solo una sfida tecnica, ma anche una battaglia politica e sociale. La strada verso un futuro sostenibile richiederà non solo accordi ambiziosi, ma anche una maggiore trasparenza, inclusività e il coinvolgimento attivo della società civile.